Pubblichiamo di seguito comunicato stampa di SiciliAntica Provinciale di Enna.
Sicilia, terra dei colori varianti con l’alternanza delle stagioni, rigogliosa e verdissima in primavera, gialla in estate nel periodo della mietitura del grano. Lo storico granaio d’Italia, tanto decantato in letteratura fin dai tempi remoti, potrebbe non rivedere più questi suoi meravigliosi colori, soffocati dal nero di enormi distese di pannelli solari.
Le grandi multinazionali dell’energia avevano da tempo messo gli occhi sulla terra del sole e delle autorizzazioni facili, ottenute grazie anche ad un progressivo indebolimento delle Soprintendenze ridotte all’osso come personale specializzato, e ad un piano energetico regionale non all’altezza della situazione.
L’Italia è famosa in tutto il mondo per la bellezza del suo paesaggio, e l’art. 9 della Costituzione spesso rimane l’ultimo baluardo preposto alla sua tutela. Alcune regioni, come il Veneto e la Toscana, a protezione dei loro territori, hanno posto dei vincoli sulle centrali fotovoltaiche ed eoliche limitandone in maniera ferrea numero ed estensione. Una lodevole lungimiranza che purtroppo non sembrano possedere gli amministratori e i governanti della nostra bella isola.
Basti pensare ad esempio, al Piano Paesaggistico della Provincia di Enna, bloccato inspiegabilmente da parecchi anni alla Regione Sicilia; la mancanza di questo importante presidio di osservanza delle leggi in materia ambientale, culturale e paesaggistica, ha favorito, e continua a favorire, il proliferare di impianti eolici e fotovoltaici nel territorio ennese, rivelandosi così sempre più appetibile alle potenti lobby dell’energia.
Il periodo della pandemia è stato inoltre l’occasione perfetta per inondare, in un momento di crisi e di efficienza ridotta a causa anche dello smart working, le Soprintendenze della Sicilia con centinaia di nuovi progetti di centrali fotovoltaiche che andranno a ricoprire migliaia di ettari di terreni, per lo più agricoli, in tutta l’isola. Mentre i contadini, stremati dalla crisi, dalla siccità, e da politiche agrarie ottuse, sono pronti ad accogliere (e neanche tanto a malincuore) le proposte di affitto (che vanno anche oltre i 2000 euro per ettaro/anno) o di vendita, che emissari molto convincenti propongono loro a prezzi fuori mercato, pur di aggiungere superficie su superficie.
D’altronde non parliamo di centrali di pochi MW, ma di impianti tra i più potenti al mondo che prevedono enormi distese di pannelli solari che in alcuni casi superano i mille ettari, quindi servono tanti, ma veramente tanti terreni e soldi, tanti soldi. E di soldi per pagare affitti e acquisti ce ne sono a valanga e ce ne saranno tanti anche in futuro, visto che anche, e soprattutto, noi, comuni consumatori, contribuiremo in maniera sostanziale alla loro sovvenzione tramite una vocina nella bolletta elettrica chiamata “oneri di sistema” che ci costa il 20% dell’importo totale (canone tv escluso), provare e verificare per credere.
Le conseguenze di queste mutazioni avranno anche dure ripercussioni sul territorio; l’impoverimento vegetativo, dovuto alla mancata coltivazione dei campi e il conseguente rivestimento di elevate superfici con pannelli di colore nero porterà ad un aumento della temperatura nelle zone interessate, accelerando un processo di desertificazione già in atto su vaste aree, come dimostra anche uno studio internazionale condotto dal prof. Christian Mulder (cattedra di Ecologia all’Università di Catania) secondo il quale la nostra isola va verso un progressivo inaridimento che la colloca in una desertificazione di tipologia libica.
Ma, introdotto il problema dell’impatto del fotovoltaico sul territorio, proviamo adesso a vedere in quale grande scenario energetico si colloca la Sicilia. Il costruendo elettrodotto che attraverserà in diagonale tutta l’isola da Chiaramonte Gulfi (RG) a Ciminna (PA), non è altro che il tassello fondamentale di un crocevia energetico che metterà in connessione vari cavidotti marini come quello con la Tunisia (il Tunita) a sud, e il Tyrrhenian Link a nord, che collegherà la Sicilia alla Sardegna e alla Campania; il potenziamento dell’elettrodotto dello Stretto sarà l’ultimo tassello per la chiusura del cerchio. Quindi la nostra isola dovrà soccombere schiacciata dal peso delle potentissime lobby internazionali dell’energia divenendo la batteria dell’Europa? Si profila un futuro di sfruttamento e di disastri simile a quello che avvenne negli anni 50/60 con i petrolchimici e le raffinerie?
Ci auguriamo di no, ma i presupposti ci sono tutti perché questo possa verificarsi.
Chiaramente non si può fermare il progresso, e il bisogno di fonti energetiche pulite come il fotovoltaico è fondamentale per l’economia del futuro, basta solo utilizzare con un po’ più di raziocinio lo sfruttamento del suolo, abbandonando l’idea malsana della distruzione dei campi agricoli e spostando l’attenzione verso soluzioni meno invasive, come la copertura di aree degradate, quali ad esempio le ex cave e discariche, i siti minerari dismessi, le aree industriali abbandonate, i capannoni, le tettoie, le coperture di parcheggi, etc.
La Regione Siciliana ha fior di dirigenti strapagati con i soldi dei contribuenti, cui competerebbe la realizzazione di un piano energetico regionale ad impatto zero, senza arrecare danni all’agricoltura, al paesaggio e al patrimonio culturale, a questo punto ci chiediamo se siano effettivamente in grado di farlo. Quel che è certo, invece, è che anche in questo caso a prevalere è, more solito, la logica del business ad ogni costo, quindi porte spalancate agli assalti di speculatori, affaristi e mafiosi.