Oggi, 21 marzo, in occasione del World Down Syndrome Day, si è svolto a Troina nella “sala dei Cinquecento” della Cittadella dell’Oasi, il primo ICOD symposium nell’ambito del progetto europeo Improving COgnition in Down Syndrome (ICOD). All’evento hanno partecipato ricercatori, rappresentanti delle associazioni e istituzioni, e con il coinvolgimento delle persone che soffrono di questa forma di disabilità e delle loro famiglie.
La Sindrome di Down causa deficit cognitivi che hanno un forte impatto sulla qualità di vita delle persone affette e anche sulle loro famiglie.
In questo contesto nasce il progetto europeo che per la prima volta studierà un farmaco innovativo, denominato AEF0217, sviluppato da Aelis Farma, per migliorare la memoria di lavoro e la flessibilità cognitiva nelle persone affette da questa sindrome, con l’obiettivo di aumentarne significativamente la capacità di apprendimento, e di conseguenza, la loro autonomia e qualità di vita.
Il team europeo è costituito dal prof. Rafael De la Torre dell’IMIM di Barcelona, capofila del progetto, da Pier Vincenzo Piazza di AELIS FARMA di Bordeaux, dal prof. Filippo Caraci, docente di Farmacologia del Dipartimento di Scienze del Farmaco e della Salute dell’Università di Catania e responsabile dell’UOR di Neurofarmacologia dell’IRCCS Oasi di Troina (partner del progetto), Sophie Durand referente dell’Institut Jérôme Lejeune di Parigi, Renaud Touraine del Centre Hospitalier Universitaire di Saint-Etienne e Diego Real de Asúa dell’Hospital Universitario de la Princesa di Madrid.
Per il professore Filippo Caraci, coordinatore del Symposium ICOD, “l’evento è stato concepito per dare spazio a tutti i bisogni che hanno le famiglie sul tema dei disturbi cognitivi nella Sindrome di Down. Stiamo spiegando alle famiglie cosa stiamo facendo come ricercatori nell’ambito della diagnosi e nel trattamento farmacologico dei deficit cognitivi nella SD e come sarà studiata l’efficacia clinica del farmaco su memoria di lavoro e flessibilità cognitiva nelle persone con SD”.
Sono state proprio le famiglie e le varie associazioni i protagonisti di questo evento. Per la dott.ssa Tiziana Grilli, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Persone Down (AIPD), “questi studi sono all’avanguardia e possono migliorare la qualità di vita delle persone con SD, trattando gli aspetti dei deficit cognitivi che sono quelli che maggiormente potrebbero impedire l’inclusione sociale e gli apprendimenti. Quest’anno il tema è stato proprio il significato dell’inclusione ed è quello che ogni persona con questa Sindrome e ogni genitore desidera, quindi vivere una vita nella propria comunità e viverla partecipata. Essere un vero cittadino nella propria comunità”.
Per Elisa Orlandini, che fa parte del comitato di gestione del coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di DOWN (CoorDown), che riunisce più di 80 associazioni, la giornata di oggi è stata importante, perché “ci ricorda come siamo ancora lontani gli obiettivi di una vera inclusione sociale per queste persone, nei vari ambiti, sin da piccoli, fin dalla scuola. Sicuramente in Italia molti passi sono stati fatti, ma ci sono ancora delle battute d’arresto che impediscono la vera realizzazione di un desiderio di autonomia e di indipendenza delle persone con SD, per dare alla famiglie un vero sostegno allo sviluppo intellettivo dei propri figli. La ricerca nel campo clinico e medico, sta lavorando moltissimo per rendere questi bambini, ragazzi e adulti, sempre più pronti ad affrontare le sfide del mondo della scuola, del lavoro e della partecipazione sociale e della cittadinanza attuale, vera e consapevole, che tutti noi desideriamo per loro e anche per noi”.
La giornata si è conclusa con l’intervento di Lucio, un ragazzo con SD, il quale, nel suo breve messaggio, ha voluto sottolineare come uno dei suoi tanti desideri “sarebbe quello di avere tanti amici con cui condividere la vita quotidiana”.
La sindrome di Down (SD) rappresenta l’8% di tutte le anomalie congenite. Dei 5,2 milioni di bambini nati nell’Unione Europea (UE) ogni anno, circa 104.000 (2,5%) nascono con anomalie congenite. L’incidenza della SD aumenta con l’età materna, che mostra una tendenza generale di crescita in Europa, nonostante le notevoli differenze tra le regioni europee. L’analisi dei dati del registro centrale JRC-EUROCAT mostra che la prevalenza totale di SD per 10.000 nascite è aumentata da 16 nel 1990 a 23 nel 2015, con una prevalenza stabile di SD di 10 per 10.000 nati vivi nello stesso periodo. La diagnosi prenatale è aumentata dal 49% nel 2005 a circa il 70% nel 2015; tuttavia, esistono differenze territoriali tra paesi e regioni. Un aumento altamente significativo nella sopravvivenza delle persone con SD si è verificato durante le ultime due generazioni, con una crescita stimata dell’aspettativa di vita da 12 a quasi 60 anni. Le famiglie spendono molto tempo e sforzi per prendersi cura dei loro cari affetti da SD (nel 70% dei casi, uno dei genitori riduce l’orario di lavoro o smette di lavorare) e sostengono spese straordinarie significative.
Per Giuseppe Giardina, responsabile Anffas Sicilia, “oggi ci accorgiamo che ci sono due linee parallele, da un lato la ricerca scientifica, dall’altro quello della burocrazia che non riesce ad attivare i percorsi relativi alla disabilità. Mi riferisco ai progetti di vita. Le famiglie sono deluse perché ogni persona con disabilità non ha il suo progetto individualizzato, che è quello fondamentale per poter accedere alla legge del “Dopo di Noi”, il quale consentirebbe a tutte quelle persone, o perché senza genitori o perché senza famiglia, di poter vivere dignitosamente in un gruppo di convivenza. Gli enti pubblici non riescono a spendere i soldi dal 2016 ad oggi ed è un problema serio. Facciamo appello – conclude Giardina – alla pubblica amministrazione ai Comuni e alle ASP a poter fare un buon progetto di vita per poi poter spendere i soldi della legge 328”.